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Ammazzate il leone


«Questo paese ha bisogno di progresso. Per progredire c’è bisogno di stabilità. La stabilità la possiamo raggiungere se voi vi tenete le vostre proprietà e io la presidenza. Tutti insieme, tutti contenti, e avanti così.»

Arepa, un’isola immaginaria dei Caraibi, 1926. Il presidente della repubblica, il maresciallo Belaunzarán, sta per concludere il suo quarto e ultimo mandato, così come impone la Costituzione da lui stesso promulgata. Ma il vecchio leone non vuole farsi da parte. Così prima fa assassinare il candidato dell’opposizione e poi propone una modifica alla Carta mobilitando i suoi sostenitori del partito progressista per essere rieletto. I ricchi borghesi del partito moderato non ci stanno e per sconfiggerlo richiamano sull’isola Pepe Cussirat, un giovane e ricco dongiovanni, e lo candidano contro Belaunzarán. Nel frattempo si succedono gli intrighi per uccidere il dittatore.
Una trama strampalata, una satira spietata e delle scene epiche degne del miglior Tarantino: sono questi gli ingredienti di Ammazzate il leone, un testo che è diventato la parodia per eccellenza della novela del dictador ma che, riletto oggi, ci dimostra come humor e disincanto sono, se maneggiati come fa Ibargüengoitia, strumenti efficacissimi per descrivere una società.

Ibargüengoitia ha usato l’humor e la risata come tribunale supremo dell’intelligenza. – Juan Villoro

Un autore in anticipo sui tempi e capace di costruire macchine narrative invariabilmente perfette. – Francesca Lazzarato, Il Manifesto
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