Cinque curiosità su “Il tarlo” di Layla Martínez

Cinque cose che forse non sapevate su Il Tarlo di Layla Martínez, in libreria nella traduzione di Gina Maneri.

 

Uno

La casa del romanzo esiste davvero, l’autrice si è ispirata infatti a quella della nonna materna, un luogo curioso e sinistro:

La cultura delle apparizioni è profondamente radicata nella zone de La Mancha e La Alcarria. I parenti morti che ti appaiono, il rapporto con la mortele ombre… Tutto questo è uno sfondo reale, una credenza che esiste in quelle zone.

 

Due

Secondo l’autrice:

Il terrore riesce a codificare una grande quantità di informazioni in metafore molto semplici e concrete, a mettere a nudo l’emotività delle persone e a suscitare inquietudine e disagio in modo più diretto ed efficace di qualsiasi altro genere.

E infatti in questo romanzo i meccanismi propri dell’horror diventano strumenti d’eccezione per parlare dei traumi e dei grandi rimossi collettivi.

 

Tre

Secondo Stephen King la maggior parte degli horror sono piuttosto conservatori, perché c’è sempre un ritorno alla normalità. Nel Tarlo questa prospettiva si ribalta: l’autrice ha voluto invece abbracciare il mostruoso fino in fondo.

La convivenza con l’anormale mi sembra più interessante, sia da un punto di vista ideologico che narrativo. Non volevo un ritorno alla normalità nel finale, perché la normalità in cui viviamo è piuttosto violenta. Volevo che le protagoniste fossero in grado di fare qualcosa di immorale, che lasciassero il lettore con il tarlo dentro, che non lo facessero sentire a suo agio nonostante si tenda a empatizzare con loro.

 

Quattro

L’autrice voleva che le due voci narranti fossero inaffidabili, che si contraddicessero e si accusassero a vicenda per instillare il dubbio nel lettore e generare tensione narrativa. Per arrivare a questo risultato, c’è stato un grande lavoro di revisione e di cura dei dettagli.

 

Cinque

Per lo sfondo storico Layla Martínez si è ispirata a vicende reali avvenute durante la Guerra civile nel suo paese d’origine, nella zona di Cuenca, una delle ultime a cadere nelle mani dei franchisti, e in particolare alle storie di repressione e rappresaglie che le raccontava sua nonna.

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